In principio fu una fotografia. In seguito, le nuove tecnologie hanno cambiato, e continuano a cambiare, il modo con cui la realtà viene avvertita. Queste le due costanti che, 25 anni fa’, hanno dato vita al progetto Photoshop, software di fotoritocco che mette a disposizione di ognuno di noi i prodigi del personal computer. Definito come “arma di ritocco di massa”, dal rilascio al pubblico di Adobe Photoshop 1.0, il software diventato per antonomasia il mezzo post-produzione professionale delle immagini digitali, di strada ne ha fatta talmente tanta da essere oggi in grado di fare di qualunque scatto delle vere e proprie opere artistiche con la semplice creatività dell’artista, rielaborando e migliorando la realtà. Sennonché, in questo lungo processo di conformazione del vero alle proprie necessità, si sia persa la bussola su di una questione cruciale: la realtà stessa. Photoshop ha indirettamente imposto l’obbligo di migliorare la realtà, cambiando poco a poco la percezione della realtà stessa, alla ricerca costante dell’attimo, dello sguardo, della linea e della luce perfetti. Il successo riscosso dal fotoritocco è sicuramente figlio del suo tempo: viviamo nell’epoca dove l’apparenza ha destituito di ogni fondamento la sostanza e Photoshop è semplicemente stato proposto al mercato nel momento giusto, come mezzo idoneo ad appagare l’istinto di migliorarsi dalle persone. Approfittando di questa debolezza tipicamente umana, il software ha dettato un nuovo canone di bellezza che, sostanzialmente, non esiste, dando il via ad una rivoluzione di iper-mediazione della realtà: per la prima volta, infatti, il canone non è concreto, ma segue i dettami di software e creativi. La bellezza di oggi, insomma, nasce a tavolino, cambiando tutti noi, da chi è osservato a chi osserva, mutando i giudizi di chi ancora non si è fatto ‘photoshoppare‘. Si, perché, rilasciato in principio per piattaforma Mac, quando ancora il fotoritocco era meno violento, più ingenuo e riconoscibile e, proprio per questo, non credibile, man mano che Photoshop ha preso piede e la fiducia che veniva inizialmente accordata all’immagine, è venuta meno: oggi non è più possibile credere ciecamente a ciò che ci appare su un social network, in tv o su una rivista patinata, perché tutto è composto da pixel che chiunque può modificare a seconda delle mode del momento. Insomma, l’era dei pixel ha decretato in modo lapidario il trionfo dell’apparenza sulla realtà, seppur senza che il software classe 1990 ne sia il vero responsabile: semplice espressione, simbolo primo, frutto della pulsione umana a migliorare e migliorarsi.
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