Alla constatazione che la rapida evoluzione del settore tecnologico si unisce al sempre piu’ breve ciclo di vita dei prodotti ne fa seguito subito un’altra, che desta preoccupazione. Dove va a finire ciò che buttiamo? Che fine fanno cellulari, palmari, pc, portatili, e tutti gli altri frutti dell’evoluzione tecnologica? I rifiuti elettronici (ed elettrici) sono ciò che rimane di apparecchiature che per un corretto funzionamento hanno avuto bisogno di correnti elettriche o di campi elettromagnetici e che sono state progettate per essere usate con una tensione non superiore a 1.000 volt per la corrente alternata e a 1.500 volt per la corrente continua. Non necessariamente questi rifiuti vengono scartati quando non sono più funzionanti, specialmente se si tratta di materiali elettronici, per i quali la tecnologia avanza a passi da gigante giorno per giorno rendendo obsoleto del materiale anche con appena pochi mesi di vita! Vengono comunemente denominati con l’acronimo RAEE (Rifiuti da apparecchiature Elettriche ed Elettroniche) o con il termine e-waste, derivante dall’inglese Waste of electric and electronic equipment (WEEE). Un rapporto della task-force Onu “Solving the E-waste Problem initiative” (StEP) coordinato dall’Università delle Nazioni Unite, ha rivelato che entro il 2017 il volume della spazzatura hi-tech nel mondo aumenterà del 33% e si raggiungerà la quota record di 65,4 milioni di tonnellate. Ma perché questi rifiuti sono pericolosi? Perché la maggior parte di essi contiene in grande quantità composti chimici come ritardanti di fiamma bromurati, il PVC, metalli pesanti, piombo cloro ed alcuni BFR, sostanze tossiche difficili da smaltire o riciclare in sicurezza in quanto persistenti nell’ambiente. Il 1 luglio 2006 è entrata in vigore la normativa europea RoHS (2005/84/EC). Essa costituisce un importante risultato in termini di sicurezza e tutela dell’ambiente e della salute, in quanto essa fissa dei limiti nell’utilizzo di piombo, cadmio, mercurio, cromo esavalente e due composti ritardanti di fiamma nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche. Il problema tuttavia rimane per quelle sostanzepericolose non regolate dalla normativa ma presenti nei prodotti.Se la natura dei componenti dell’hi tech poi è conosciuta – nonostante molte aziende neghino l’impiego di quelli nocivi – sconosciuta appare però la loro destinazione finale. In poche parole, dove vanno a finire questi rifiuti pericolosi per la salute e per l’ambiente? Qui cala il mistero. Infatti, anche dove esistono legislazioni più precise e rigide riguardo lo smaltimento di questa categoria di rifiuti, in realtà sfugge alla conoscenza il luogo in cui finiscono la maggior parte di essi, lasciando il forte sospetto, se non la consapevolezza, che essi siano lasciati ad inquinare il suolo l’aria e le acque, con evidenti ripercussioni sulla salute dell’uomo. Non sarebbe, forse, il caso di evitare che un’enorme quantità di apparecchi elettronici finisca tra i rifiuti, non tanto perchè pronti alla rottamazione, ma semplicemente perchè diventati “obsoleti”?
- comunicazione diretta
- un probabile uhd