Con il proposito di emanciparci dalla “dipendenza” dai combustibili fossili di qualsiasi tipo, la Solar Roadways è stata la prima azienda a pensare di sfruttare lo spazio che solitamente associamo all’inquinamento da smog, la strada, in un’immensa risorsa ecologica. Il progetto americano partì quattro anni fa, con l’idea di sostituire all’asfalto stradale dei pannelli fotovoltaici di 3,7 metri per lato (la lunghezza standard di una corsia americana) per catturare la luce e riutilizzarla. Il ricavato in termini energetici non sarebbe trascurabile, considerato che strade, autostrade e parcheggi negli Usa coprono più di 100mila chilometri quadrati: secondo i calcoli, per un irraggiamento quotidiano medio di quattro ore, ciascun pannello dovrebbe riuscire a produrre circa 7,6 KWh al giorno. Energia che può essere immessa nella rete elettrica delle città circostanti oppure distribuita nelle colonnine di alimentazione delle auto elettriche. Un progetto futuro prevede anche il caricamento delle auto durante il movimento. Una delle prime obiezioni che furono fatte al progetto, fu quello della resistenza all’enorme peso del passaggio di migliaia di veicoli. Una soluzione proposta fu quella di utilizzare le stesse tecniche di antisfondamento utilizzate per i materiali antiproiettili. Inoltre, la superficie dei pannelli veniva considerata troppo liscia e dunque pericolosa per la guida. Per ovviare al reale rischio considerato, gli ingegneri misero a punto dei pannelli costituiti da migliaia di microprismi, che aumentassero l’attrito degli pneumatici sulla superficie stradale. Oggi, il dipartimento dei trasporti dello stato del Missouri sta valutando di realizzare il primo tratto di un’autostrada fotovoltaica entro la fine del 2016: si tratta della leggendaria Historic Route 66. A tal proposito sono stati sviluppati alcuni particolari pannelli solari ricoperti da un vetro ruvido, antiabrasivo, autopulente ma soprattutto molto resistente, sul quale sarà possibile far passare automobili e autotreni. All’interno di questo vetro ci saranno cellule fotovoltaiche e diodi, protetti dagli agenti atmosferici e dal transito dei veicoli stessi. Questi “pannelli stradali” conterranno uno strato intermedio di elettronica, costituito di un microprocessore per il controllo dei carichi, il monitoraggio, il controllo dell’illuminazione. Ogni dodici metri c’è un dispositivo che permette le comunicazioni. La Solar Roadway – società che condivide il progetto americano – afferma che questi sistemi saranno utili anche per evitare disagi e congestione del traffico in caso di piogge e neve, nonchè per permettere allo stato del Missouri di poter autofinanziare i costi di adeguamento delle tratte più vecchie del proprio sistema autostradale, strizzando l’occhio al futuro. Numerosi altri progetti ruotano intorno all’utilizzo ecologico delle strade, anche di qua dall’oceano: in Olanda è già operativa da ben due anni la prima pista ciclabile ricoperta di pannelli fotovoltaici, denominata SolaRoad, mentre in Francia è stato approvato proprio quest’anno un progetto che prevede la pavimentazione con particolari pannelli solari di 1000 Km di autostrada, entro i prossimi 5 anni. Progetti ambiziosi, che confermano la volontà di cambiare le cose – in meglio – anche nel settore dei trasporti, grazie alle ultime innovazioni tecnologiche.