La cara vecchia password non passa mai di moda, ma ormai lo abbiamo capito: protegge i dati online solo fino a un certo punto, complice anche il fatto che la maggioranza delle password attualmente utilizzate su Internet dagli utenti per le loro operazioni (posta elettronica, banking, social ecc.) sono talmente “semplici” che possono risultare hackerate in pochi secondi. Uno scenario certamente inadeguato visto l’ormai totale dominio della rete nella vita quotidiana, tanto da spingere i colossi del settore della cybersecurity a varare soluzioni sempre meno attaccabili dai pirati informativi. Ne sono un esempio i sistemi di riconoscimento biometrico, come i lettori di impronte digitali di iPhone o Samsung, il riconoscimento facciale, o, addirittura, c’è chi propone una pillola da ingoiare ogni volta che si accede alla rete. Una buona alternativa alle soluzioni già note e a quelle più bizzarre ci era giunta dall’azienda Eyelock che, con il sistema Myris, permette al computer di scansionare l’iride per verificare l’identità dell’utente, dopo la creazione di un proprio account personale. Myris riesce anche a controllare se l’occhio si muove al momento della richiesta di verifica o se al contrario si sta provando ad ingannare il sistema. Altre aziende si stanno concentrando sul riconoscimento della retina, che – salvo casi patologici legati al glaucoma – ha una rete di vasi capillari con marker che restano identici nel corso della vita di una persona. A proposito di capillari, l’azienda giapponese Fujitsu ha creato un sistema per verificare l’identità analizzando non tanto le impronte digitali, quanto piuttosto le vene della mano. Si chiama PalmSecure, e basta poggiare la propria mano su uno scanner all’infrarosso procedendo al confronto con i parametri precedentemente registrati. Per chi invece è abituato a conservare la propria password scritta, Motorola ha progettato una sorta di tatuaggio digitale da attaccare al braccio, contenente diversi sensori e una antenna. L’unica pecca è che il tatuaggio-password è soggetto a potenziale deformazione seguendo i movimenti flessibili del corpo umano, con danneggiamento dei circuiti, pertanto andrà testato a lungo prima di poter essere commercializzato. Ma le idee su come proteggere al meglio i nostri dati non sono ancora finite: ora è il turno della tastiera intelligente che identifica gli utenti in base al modo in cui scrivono. Ancora allo stadio di prototipo, questa periferica smart è stata sviluppata dai ricercatori del Georgia Institute of Technology, in sinergia con i colleghi dell’Institute of Nanoenergy and Nanosystems di Pechino, per raggiungere un obiettivo ben preciso, ovvero quello di permettere alla tastiera di distinguere la pressione o la velocità con cui vengono pigiati i tasti. Questo sistema farebbe in modo che, anche conoscendo la password del computer, se non si è in grado di emulare esattamente lo stile di scrittura del proprietario si viene automaticamente riconosciuti come estranei e, dunque, bloccati. Insomma, se anche le password finissero in disuso, non mancherebbero le alternative per proteggere la nostra privacy!
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