Tutt’altro che idrofobo – come si credeva fino a qualche settimana fa -, il grafene si è dimostrato un materiale in piena sintonia con l’acqua. A rivelarlo è stato un recente studio, durante il quale è stato dimostrato che la vasta rete capillare alla base del grafene riesce ad aspirare il liquido vigorosamente, consentendo una rapida permeazione, ossia il raggiungimento del livello dell’acqua allo stesso spessore del grafene. Per capire le capacità di assorbimento del grafene basta pensare ad un qualsiasi tipo di una carta superassorbente: 1 grammo del materiale puó assorbire 80 grammi di olio motore esausto dall’acqua. Questo fenomeno ha attirato l’attenzione sia del mondo accademico che dell’industria specializzata con l’intento di sviluppare nuove tecnologie di filtrazione dell’acqua. Già nel 2012, i ricercatori della University of Manchester hanno scoperto che le membrane sottili ottenute dai laminati di carbonio (il principale componente del grafene) sono impermeabili a tutti i gas e ai vapori, tranne all’acqua: da questo assunto, lo stesso team di ricercatori, guidati dal dottor Rahul Nair, ha condotto un nuovo studio per analizzare quanto e come funzionano le membrane di grafene come filtri per l’acqua allo stato liquido. I risultati mostrano che, se i laminati sono immersi in acqua, si gonfiano ma permettono ancora un flusso ultraveloce dell’acqua, consentendo di filtrare i sali e permettendo all’acqua di passare, bloccando solo gli ioni più grandi. Ne consegue quindi che i filtri in grafene sono “intelligenti, perché capaci di distinguere tra specie atomiche. Non solo questa separazione si è dimostrata molto precisa, ma è anche ultraveloce. Ed è su simile utilizzo del grafene (che per tante altre caratteristiche è considerato la “plastica del futuro”) che si basa Grafysorber, il prodotto realizzato dalla società italiana DirectaPlus all’interno del progetto Genius, cofinanziato dall’Unione europea, che promette di assorbire velocemente e con performance inimitabili qualsiasi tipologia di olio non emulsionato e, quindi, di bonificare acque inquinate. Queste sperimentazioni hanno dato corso a nuove speranze, soprattutto pensando al disagio in cui versano milioni di persone in tutte quelle aree del mondo in cui la salvaguardia dell’acqua potabile rappresenta una sfida di non facile soluzione, soprattutto per i costi proibitivi delle tecnologie necessarie per i vari processi di filtrazione, clorazione, distillazione ed ebollizione. Un ulteriore passo avanti è stato fatto in Texas, dove un 18enne ha inventato un filtro al grafene per depurare l’acqua in modo semplice ed estremamente economico il suo nome è Perry Alagappan, studente neodiplomato di Houston, ed è a lui che si deve la paternità di uno specialissimo filtro, costituito da nanotubi di grafene, in grado di trattenere il 99% dei metalli pesanti presenti nell’acqua. Il prototipo è stato realizzato con il supporto della Rice University, ed il lavoro di ricerca di Alagappan ha già ricevuto l’ambito riconoscimento del Water Junior Prize nel corso della World Water Week di Stoccolma. La speranza è che, se il sistema dovesse dimostrarsi tecnicamente accessibile, l’obiettivo finale potrebbe essere quello di realizzare un dispositivo di filtrazione in grado di permettere di avere un bicchiere di acqua potabile a chiunque nel mondo, soprattutto in quei paesi dove l’acqua scarseggia o dove sono lunghi i periodi di siccità.