Il primo umanoide italiano è stato ideato da Giorgio Metta, ricercatore al Mit di Boston con la specializzazione in robotica umanoide, che, nel 2003, decise di rientrare a Genova per sviluppare il progetto robot bambino intelligente, all’anagrafe iCub: un cucciolo di robot alto 1,04 metri e con un peso di circa 25 kg. L’idea nasce dall’unione tra robotica e neuroscienze, con l’intento di replicare nei robot parte dei meccanismi dell’apprendimento umano. L’androide iCub, esempio evidente che anche in Italia è possibile fare ricerca, sviluppo e innovazione, è un concentrato di tecnologie elettroniche e informatiche, ma anche meccaniche e di nuovi materiali. Grazie ad una telecamera collegata agli occhi è in grado di registrare audio e video; mani e piedi sono in metallo mentre una copertura in “pelle” da 5000 sensori simili a quelli che fanno funzionare i touch screen di tablet e smartphone lo rende quanto più vicino alla nostra sensibilità. Umana, appunto. Il nome iCub nasce dalla composizione di due diversi termini. “I” sta per “I, robot” la raccolta degli scritti di fantascienza di Isaac Asimov; «cub», invece, deriva dal cucciolo (mancub) narrato da Kipling nel suo Libro della Giungla. Ma, in concreto, cosa sa fare questo cucciolo di umanoide? Tralasciando le ormai arcinote attività che, bene o male, tutti i robot sanno fare (ad esempio, tenersi in equilibrio, camminare, afferrare oggetti, simulare emozioni, ecc.), impressionante è la capacità di “imparare” che contraddistingue questo umanoide, che, a differenza dei robot convenzionali, non è programmato per eseguire una serie specifica di azioni o attività pre impostate. ICub acquisisce competenze naturalmente utilizzando il suo corpo per esplorare il mondo e raccogliere dati sulla sua relazione con gli oggetti e con le persone, tanto quanto un bambino di due anni impara interagendo con il suo ambiente. Ad esempio, la prima volta che prova a prendere in mano qualcosa potrebbe non farcela; al secondo tentativo, però, prendendo le adeguate contromisure, può correggersi e dosare adeguatamente le forze. Con il tempo e la pratica, iCub può anche essere in grado di sviluppare abilità cognitive più sofisticate, come ad esempio la capacità di immaginare gli stati mentali degli altri. Insomma, icub non solo è il simbolo di un’avanzata ricerca italiana in campo tecnologico, ma anche la metafora di una rinascita da tanto attesa a cui aspirano le migliori intelligenze italiane.