Da sempre ci hanno insegnato che gli aerei non cadono. Quando però il mondo viene scosso da una tragedia come quella accaduta con la Germanwings ci si pone inevitabilmente delle domande, alle quali si deve dare una risposta. Che cosa si deve fare per migliorare la sicurezza degli aerei, vista la tragedia dell’A-320 pilotato da Andreas Lubitz? Una prima risposta l’ha ipotizzata Easa (agenzia europea per la sicurezza aerea) che vorrebbe imporre la costante presenza in cabina di due membri dell’equipaggio. E.. se invece di due piloti non ce ne fosse nemmeno uno? O meglio: il pilota ci sarebbe, ma comodamente seduta a bordo di una scrivania, a decine e decine di chilometri più giù rispetto a noi, davanti al pc di una sala operativa, che guida il velivolo sul quale viaggiamo con mouse e tastiera. Una visionaria proiezione del futuro che, a ben vedere, potrebbe un giorno diventare realtà. Ma, al di là degli eccezionali fatti di cronaca di questi giorni, cosa giustificherebbe la nostra scelta, in qualità di passeggeri, di viaggiare a bordo di un aereo telecomandato a distanza? Eppure risposte positive ci sono e vengono fornite dalle statistiche, che attribuiscono oltre il 50% degli incidenti con vittime che hanno coinvolto aerei commerciali dal 2000 al 2010 all’errore umano del pilota. Ma gli effetti positivi dell'”eliminazione” del pilota a bordo si farebbero sentire anche in termini economici, abbattendo i costi, sopportati dalle compagnie aeree, relative a stipendi, benefit, spese per l’addestramento, che, ad oggi, ammontano quasi ai costi per il carburante. Tra i più visionari, ci sono quelli che pensano alla cabina di pilotaggio come “super business class” con visuale panoramica mozzafiato superlusso (e super costosa). Intanto, c’è chi, come Astraea, pensa a come sperimentare qualcosa di simile: il consorzio britannico sta sviluppando il suo personale progetto di aereo commerciale pilotato da remoto, partendo da un semplice dato di fatto: è consuetudine, tra i piloti, delegare parte dei loro compiti all’autopilota e, dunque, perché non dar corso ad un definitivo “scambio” di ruoli? I primi test sono stati condotti nel 2013 tra Inghilterra e Scozia e hanno visto protagonista un comune aereo commerciale pilotato a distanza in tutte le fasi fuorché il decollo e l’atterraggio (effettuati manualmente da due piloti imbarcati apposta). Sono stati due i fattori che hanno catturato maggiormente l’attenzione degli sviluppatori: il sistema di comunicazioni, che deve garantire al pilota a terra la possibilità di prendere il controllo manuale dell’aereo in caso di necessità, e i cosiddetti dispositivi di “evitamento”, quell’insieme di sensori e telecamere, collegati con i computer di bordo, che consentono all’aereo di mantenersi a distanza da edifici e da altri velivoli, di riconoscere potenziali minacce meteorologiche per mezzo di semplici scansioni, cercando una pista di fortuna nel caso in cui fosse necessario eseguire un atterraggio di emergenza. Certo, non è ancora iniziata l’era degli aerei-robot, in uno scenario, quello di oggi, in cui alcune manovre si effettuano manualmente, e la presenza dei due piloti a bordo dell’aereo risulta irrinunciabile per un controllo sicuro ed immediato dei computer di navigazione e dei sistemi di bordo. In ogni caso, prima di arrivare al giorno in cui il pilota si limiterà a condurre un aereo a distanza, ci sarà, per forza di cose, una tappa intermedia, quella della sostituzione del secondo pilota.